[Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL





di Luigi Furno 

Per la Festa di Primavera promossa dalla Solot Compagnia Stabile di Benevento, andata in scena lo scorso 26 maggio, ho realizzato una installazione mixed media dal titolo [Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL.

Sin dal titolo, l'idea operativa era quella di evocare una procedura computazionale attraverso una mimesi grafica con l'approccio formulario tipico delle scienze matematiche e, in aggiunta, ero interessato ad una realizzazione dinamica e computazionale che non fosse puramente sequenziale (una serie di istruzioni sempre uguali a se stesse). Chiaramente doveva essere un puro gioco di distorsione ottica, una necrosi estetica della scientificità, una paralisi midollare del linguaggio che doveva avere un non so che di balbuzia digitale.

Ho dovuto studiare follemente per accorciare il gap che mi separava da un linguaggio che totalmente non mi apparteneva. 

Ci ho riflettuto qualche settimana, poi sono partito. Così, ho pensato di far passare come sensato un suono (Sound) che si lascia moltiplicare (*) da una voce planimetrica (Voice_planimetry) che, a sua volta, combatte una strenua battaglia (Vs.), nell'isolamento concentrazionario della parentesi tonde ( ), con un mutamento morfologico di mani (Morph_hands) e il tutto elevato alla potenza responsoriale (RESPONSORIAL) che tiene rinchiusa la procedura dentro le mura panoptiche delle parentesi quadre [ ].

La logica dell'installazione è evidentemente permeata dell'ermeneutica esistenziale della Cibernetica wieneriana, quella della retroazione e della stasi omeostatica. Secondo il matematico americano Norbert Wiener, che riprende il termine nel 1948, la "Cibernetica" dovrà essere una scienza di controllo dei sistemi. [Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL doveva essere una formula di controllo di un sistema di interfacciamento tra suono e immagini.

Per lo scienziato il nostro mondo è integralmente costituito da sistemi, vivi o non-vivi, intrecciati ed in interazione. L'intera vita del Cosmo è un sistema e quest'idea darà, sul piano analitico, nelle sue estreme direzioni, vita al pensiero di Timothy Morton e la sua concettualizzazione degli "Iperoggetti", entità diffusamente distribuite nello spazio e nel tempo. Possono essere considerati come "sistemi": una società, un'economia, una rete di computer, un macchinario, una ditta, una cellula, un organismo, un cervello, un individuo, un ecosistema...

Un sistema cibernetico è, in definitiva, un sistema di travaso e di scambio che può essere definito come un insieme di elementi in interazione, queste interazioni possono essere degli scambi di materia, di energia o d'informazioni che reagiscono cambiando di stato o modificando le loro azioni. La comunicazione, il segnale, l'informazione e la retroazione sono delle nozioni centrali della cibernetica e di tutti i sistemi, organismi viventi, macchinari o rete di macchinari.



[Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL è un sistema interattivo tra impulsi sonori prodotti dalla realtà analogica (voce umana, rumori casuali, suoni organizzati, modulazioni di frequenze sintetiche da synth, ultrasuoni non udibili ecc...) con una organizzazione di visualizzazioni videoproiettate prodotta dalla realtà digitale computerizzata secondo un preciso algoritmo generativo. I due elementi sono organizzati secondo un sistema di interazione che dà all'insieme delle proprietà che non possiedono gli elementi presi individualmente. Si dice allora che "Il tutto è superiore alla somma delle parti". In [Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL il suono non genera il video e il video non genera il suono ma, insieme, generano un mondo che segue i dettami operativi di un suono che si moltiplica con una voce generativa di planimetrie digitali che duella con una coreografia morfica di mani/occhi/paessaggio secondo una logica responsoriale.

Volendo incapsulare l'installazione in una semplificazione definitoria agile, potremmo di che [Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL è una video-installazione interattiva capace di sintetizzare e manipolare informazioni sia nella componente sonora che in quella visiva. La voce/suono dei fruitori interferisce nella pacificata geometria di uno spazio algoritmico producendo inconsapevoli glitch e modulazioni sonore che generano alterazioni sul piano digitale. Un dialogo tra l’essere umano e le strutture programmate, algebriche e computazionali, che si auto-sviluppano secondo una dinamica procedurale generativa. Una procedura responsoriale attraverso cui all'espressione vocale umana risponde un’alterazione morfologica della geometria dello spazio digitale che genera planimetrie rizomatiche immaginarie.

Ma la metafora che mi ha spinto non è mai stata quella della Cibernetica ed, appunto, il termine desueto responsoriale l'ho lanciato lì come un monito, una riprova che il campo omestatico non mi risulta interessante e non avevo intenzione di realizzare un'opera in cui la sua estetica fosse solo un funzionamento meccanico. [Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL non è similare ad una stufa col termostato ambientale. Ma, voglio essere chiaro su questo punto, non lo è non perché una stufa termostatica non possa essere un'opera d'"arte", lo è molto di più di molte opere tacciate per tali, ma non lo è perché, a differenza di una stufa, non è un meccanismo sequenziale di azioni e retroazioni (feedback). Nella stufa, in interazione con la temperatura ambientale attraverso un termostato, l'azione di un elemento su un altro implica una risposta del secondo elemento verso il primo. Si dice allora che i due elementi sono legati da una cinta di feedback (o cinta retroattiva). Questo sistema mette in esecuzione una sequenza di istruzioni che hanno delle conseguenze certe e che tendono ad un equilibrio omeostatico auto-regolamentato.

[Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL, è un sistema cibernetico non omeostatico perché non è autoregolamentato né cosciente dell'essere un sistema di controllo e, soprattutto, non è una sequenza di azioni pre-programmate.

L'installazione è composta da due proiezioni video appaiate che, attraverso un computer e un software programmato, interagiscono con fonti sonore esterne attraverso input (microfono, sintetizzatore). Le due proiezioni sono prodotte con metodi completamente agli antipodi tra loro.

Il primo (vedi video #2) è un paesaggio digitale grigio composto da un spazio senza elementi dentro cui fluttua una sequenza di 360 piccoli cubi allineati orizzontalmente che, attraverso un'illusione di movimento a retrocedere, genera un percorso in fuga verso un punto focale infinito. I 360 piccoli cubi vengono attivati e movimentati dalle frequenze dell'onda sonora in ingresso generando delle morfologie altimetriche che sfumano rapidamente verso il fondo seguite dai nuovi input sonori. l'aspetto estetico è quello di una geografica di valli, promontori e vette dal forte impatto rimemorativo, una planimetria della memoria territoriale. L'intero video è costruito da una logica generativa algoritmica, nel senso che non esiste niente di ciò che viene visualizzato che sia esterno al calcolo computerizzato del software.


Il secondo (vedi video #1) segue un percorso agli antipodi dal precedente. Tutto quello che viene visualizzato è stato precedentemente ripreso da una fotocamera e solo successivamente riprocessato dalla potenza di calcolo del software. Il video si presenta come una matrice in 16:9 di dieci video all'apparenza con velocità differenti e contenuti simili. In verità, i dieci video sono tutti differenti, anche se i temi sono simili, e la velocità in fase di montaggio è perfettamente identica per tutti. Per produrre i dieci video è stata utilizzata un procedura estrattiva casuale. Sono stato realizzati dieci frammenti video di dieci secondi l'uno, questi sono andati a formare gli elementi base del montaggio. Ad ogni frammento è stato assegnato un nome numerico da 1 a 10. Per la realizzazione di ogni singolo video è stata estratta a sorte una sequenza numerica composta dai nomi numerici dei 10 frammenti e montati rispettando tale sequenza. In tal modo, ho ottenuto 10 video probabilisticamente tutti diversi e nominati da 1 a 10, formati da dieci frammenti base differenti, e montati, rispettando la stessa logica estrattiva, nella matrice che compone la videoproiezione finale.



Dicevo che tutti i video hanno la stessa velocità di riproduzione, che è poi la velocità reale in fase di registrazione delle immagini. Dopo che però, secondo il procedimento che ho spiegato, vengono fatti processare dall'algoritmo del software ognuno subisce delle mutazioni sulla velocità di riproduzione sulla base di alcune istruzioni prefissate. L'aspetto finale in stasi, cioè senza input sonoro, è di un video formato da una matrice di dieci video che viaggiano a velocità differenti. Quando sopraggiunge un input sonoro tutti i dieci i video reagiscono in maniera differente sui dei dettami dell'algoritmo (c'è chi velocizza, chi rallenta, chi satura i colori, chi li altera ecc...).

Un'altra differenza tra le due videoproiezioni, che ritengo necessaria per la comprensione dell'installazione, sta nel parametro intermedio di interazione tra sonoro e visivo. Nel primo video il segnale audio viene triggerato (in elettronica un trigger è un dispositivo capace di trasformare un segnale variabile in un segnale di comando on-off) sulla base delle frequenze che compongono il segnale. Lo spettro delle frequenze viene sezionato in 360 porzioni che si trasformano negli input per il movimento dei 360 cubetti che rappresentano la linea orizzontale di innesco del gioco altimetrico. Nel secondo video, invece, il segnale audio viene triggerato sulla base delle oscillazioni LFO (sigla di Low Frequency Oscillator, l'LFO è un generatore di forme a frequenza infrasonica). L'input sonoro d'ingresso attiva l'oscillatore LFO che, attraverso un trigger, da il segnale alle modificazione algoritmiche dei parametri preimpostati dei video. La videoproiezione, quindi, a differenza che nel primo caso, non risponde in maniera chiara all'input sonoro che gli arriva in quando risponde alle sollecitazioni di un segnale non udibile alle nostre orecchie. Gli LFO, infatti, sono onde sonore che vibrano alle frequenze più basse – meno di 20 volte al secondo (quindi sotto i 20 Hz). È molto meno di quello che le nostre orecchie possono udire. (Gli umani riescono normalmente a udire tra 20 e 20000 hertz). Per essere chiari, gli LFO non generano suono per noi. Fanno muovere i suoni e, nel mio caso, fanno muovere immagini. Attraverso questo meccanismo, i fruitori dell'installazione, avranno la possibilità di sentire un LFO solo indirettamente attraverso l'influenza che ha sulle immagini finali.



Questa è, in definitiva, l'idea dell'intera operazione: dare ai suoni la possibilità di essere ascoltati con gli occhi.

Tutto questo, però, e lo dicevo prima, ci allontana enormemente da un sistema di feedback cibernetico. L'intero sistema di azione e retroazione tra gli input (sonoro e video) non sono in connessione omeostatica tra loro ed infatti non raggiungono nessun momento di equilibrio. Non era questa l'idea di partenza. L'intento installativo era quello di indagare le combinazioni morfologiche di un meccanismo che gioca con le combinazioni senza avere una sequenza.

Prendiamo, per esempio, il video #1. I dieci frammenti che formano la matrice video hanno tutti la stessa lunghezza ad una velocità di riproduzione normale ma, alterati nei loro parametri, vengono sfalsati l'uno dell'altro producendo una casualità non controllabile. Il play/loop accentua questa dinamica rendendola infinità. In definitiva non c'è probabilisticamente momento uguale ad un altro, in un perenne divenire non omeostatico. L'esatto opposto, appunto, della Cibernetica di Weiner il cui scopo è la conoscenza ed il pilotaggio dei sistemi. Il significato etimologico della parola "cibernetica" vuol dire "l'azione di manovrare un vascello, di governare" (dal Greco "Kubenêsis").

In [Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL non c'è nessun manovratore, infatti nessun fruitore dell'opera è in grado di governare e prevedere le implicazioni sul risultato che si viene ad ottenere. La giusta metafora, quindi, sta in quel esponente nella estetica formulare del titolo: RESPONSORIAL.

Il fruitore dell'installazione più che un manovratore è un prete col suo Salmo responsoriale.

Il Salmo responsoriale fa parte della Liturgia della Parola, che nella Santa Messa segue i Riti introduttivi e precede la Liturgia Eucaristica. Il Salmo responsoriale si esegua con il canto, almeno per quanto riguarda la risposta del popolo. Il salmista, quindi, o cantore del salmo canta o recita i versetti del salmo all’ambone o in altro luogo adatto; tutta l’assemblea ascolta restando seduta, e partecipa di solito con il ritornello, a meno che il salmo non sia cantato o recitato per intero senza ritornello.



La logica responsoriale è agli antipodi dal manovratore cibernetico, il suo intento non è statico ma è quello di generare morfologie profonde in divenire.

[Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL è questo, un suono responsoriale a cui risponde un algoritmo nella più totale ignoranza del risultato finale. Date alcune premesse programmate, è la più assoluta mancanza di teleologia.



L'intera installazione è supportata da sound-ambient che gioca con la stessa logica di modularità non sequenziale del progetto. La sonorizzazione è mix di sample rielaborati da “Nord” di Franck Vigroux, “Sometimes I Feel Like A Motherless Child” di Odetta e “Jesus' Blood Never Failed Me Yet” di Gavin Bryars.

Interessante è la storia di quest'ultimo brano. Gavin Bryars una volta stava girando per Londra con un registratore in cerca di suoni per un programma della BBC. Si imbattè in un barbone forse ubriaco che trascinava ripetitivamente tra i pochi denti una canzoncina. Non era proprio una canzoncina. Una specie di canto religioso: diceva “Il sangue di Gesù non mi ha mai tradito finora”, e lo ridiceva, e lo ridiceva. Bryars si portò a casa il suo nastro e lo tenne lì. Ogni tanto lo riascoltava e ci pensava su.
“Jesus blood never failed me yet” fu pubblicato nel 1993. Dura settantatrè minuti. Per settantatrè minuti si ripete circa centocinquanta volte la stessa strofa sottratta quella notte alla voce del barbone londinese, campionata e ripetuta per tutta l’opera e accompagnata da un arrangiamento orchestrale sempre più denso, che parte da pochi archi e si arricchisce man mano di altri strumenti, cori, e infine una seconda voce solista che chiude la composizione sottobraccio al barbone. Una voce straordinaria, e la più associabile a quella di un barbone ubriaco, avrà pensato Bryars prima di telefonare a Tom Waits. possa somigliare al “Il sangue di Gesù non mi ha mai tradito finora”

Mi piace immaginare che [Sound*(Voice_planimetry Vs. Morph_hands)]RESPONSORIAL possa somigliare a “Jesus blood never failed me yet”.






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